Cocktail RTD in lattina: gin tonic, spritz e margarita pronti da bere. Una moda in crescita che unisce praticità, convenienza e sostenibilità.
I cocktail e i vini ready to drink in lattina rappresentano una delle tendenze più forti del 2025: pratici, economici, sostenibili e sempre più popolari. Una rivoluzione che sta cambiando il modo di bere, rendendolo più dinamico e accessibile.
Secondo il rapporto 2025 della Silicon Valley Bank sul settore vinicolo e alcolico, il mercato dei cocktail ready to drink (RTD) sta vivendo una crescita senza precedenti. Negli Stati Uniti il comparto ha registrato un aumento del 29,3%, con un giro d’affari che supera i 18 miliardi di dollari all’anno. Una tendenza che si sta espandendo rapidamente anche in Europa, trainata soprattutto dal Regno Unito.
Gli RTD (ready to drink), letteralmente “pronti da bere”, sono cocktail già miscelati e confezionati in lattina. Gin tonic, spritz, margarita ed Espresso Martini sono solo alcuni degli esempi più diffusi. La filosofia è semplice: zero sprechi, zero attrezzature, ognuno ha la propria lattina già pronta. Non servono shaker, bicchieri particolari o dosatori: basta aprire e bere.
Le ragioni del successo degli alcolici in lattina sono molteplici:
Praticità: ideali per chi ha poco tempo o vuole consumare un drink senza complicazioni.
Prezzo competitivo: una lattina RTD costa in media 3-3,5 sterline al supermercato, mentre una bottiglia di cocktail tradizionale può arrivare a 30 sterline.
Sostenibilità: le lattine sono leggere, facili da trasportare e si riciclano meglio del vetro.
Moda e design: grafiche colorate, packaging accattivante e nomi originali – come i famosi BuzzBalls con aromi di Espresso Martini – li rendono irresistibili soprattutto tra i giovani.
Non più bottiglie ma alluminio: il fenomeno del vino in lattina divide il mondo enologico tra curiosità, diffidenza e nuove opportunità di mercato. Ma si tratta di un boom destinato a durare o di una moda passeggera?
Secondo i dati di Grand View Research, il mercato dei canned wines crescerà fino a raggiungere un volume d’affari di circa 570 milioni di dollari. Una cifra contenuta se confrontata con i 424 miliardi di dollari del settore vinicolo globale, ma che evidenzia un trend in forte espansione.
A trainare il comparto sono soprattutto i vini frizzanti, i più apprezzati dal pubblico giovane e dinamico. La domanda è alta in Nord America, ma è l’Asia a rappresentare il mercato più promettente. Gli acquisti avvengono principalmente nella grande distribuzione, con un ruolo sempre più rilevante dell’e-commerce.
In Italia il vino in lattina non è una novità assoluta. Negli anni ’80, la Cantina Giacobazzi lanciò sul mercato “8 e ½”, un rosso e un bianco frizzante in lattina. Il prodotto ebbe successo, ma fu presto frenato da difficoltà burocratiche legate ai permessi ministeriali.
Oggi l’eredità continua con il Gruppo Donelli Vini, che realizza circa il 6% del suo fatturato dal vino in lattina, in particolare Lambrusco e altri vini frizzanti, ma anche alcune varianti di vini fermi come lo Chardonnay.
Uno dei punti di forza del vino in lattina è la sostenibilità. L’alluminio è infatti riciclabile all’infinito: l’85% di quello utilizzato proviene dal riuso e richiede un consumo energetico molto basso, pari al 5% rispetto a quello necessario per la plastica (40%) e il vetro (10%).
Le lattine pesano poco, riducono l’ingombro nello stoccaggio e l’impatto ambientale dei trasporti. Per proteggere il vino, l’interno viene rivestito con quattro strati protettivi, contro l’unico usato nelle bevande analcoliche.
Non tutti i vini possono essere imbottigliati in lattina. Devono infatti avere bassi livelli di SO2 (solfiti), caratteristica che li rende più “naturali” ma anche più adatti a un consumo rapido.
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